lunedì 20 gennaio 2014

Il DE.CO e Sua maestà la Rosa



A proposito di marchi


di Marilisa Bombi

In questi giorni si celebra, in città, sua maestà “La Rosa di Gorizia”. Insomma, quel radicchio croccante e succulento la cui migliore morte avviene, come ci insegnano i bravi ristoratori cittadini, nei più svariati modi. Ma, a proposito di questo pregevole ortaggio, sia esso bianco, giallo, rosso o nero (il suo sapore cambia poco) qualche parola va spesa a proposito della DE.CO che il Comune di Gorizia ha avviato sei mesi fa e sulla quale va fatta un po’ di chiarezza.
“La Denominazione Comunale (di segui to DE.CO.) è un valido strumento teso a valorizzare le risorse del territorio e a salvaguardare le peculiarità produttive locali, rappresentando un efficace veicolo di promozione dell’immagine del Comune da cui possono derivare importanti azioni di marketing territoriale con ricadute positive sull’intera comunità”.

Questo, al di là di ogni arzigogolo enfatizzante, è il passaggio sostanziale contenuto nella deliberazione del Consiglio comunale n. 30 approvata nella seduta del 25 giugno 2013.
La delibera, in questione, precisa, poi, che “l’iter di detto riconoscimento si concluderà mediante la creazione del marchio “Denominazione Comunale di Gorizia”, il cui deposito dovrà avvenire presso la Camera di Commercio di Gorizia, ai sensi dell’art. 11 c. 1 del D.Lgs. n. 30/2005 – Codice della proprietà industriale, come sopra citato”.

 

Alcune precisazioni

“Le De.Co. denominazioni comunali non sono marchi non rappresentano tutele, e men che meno delle vie brevi rispetto alle denominazioni europee riconosciute. Le De.Co. sono semplici atti notarili o, meglio, delibere di un’amministrazione comunale che registra un dato di fatto: un prodotto, un piatto, un sapere, con i quali una Comunità si identifica. Sono dunque un atto politico, che fissa un valore, una carta di identità che il sindaco rilascia dopo aver censito un passato, un presente, e ipotizzato uno sviluppo futuro. Qual è dunque il valore di una De.Co.? Quello di fissare, in un dato momento storico, ciò che identifica quel Comune. A memoria futura, oppure come occasione del presente per cogliere un’opportunità di marketing territoriale.” Questo è quanto ci spiegano on-line

Le indicazioni dell'Anci

L’Anci, l’Associazione dei comuni italiani, a tal fine, ha reso disponibile per gli enti locali una traccia di regolamento, dal quale risulta ben chiaro che la De.CO non è un marchio ma un passo, utile, non indispensabile, per il  Comune, che, “per  propria  iniziativa  e  su  proposta  di  organizzazioni  di   produttori interessati o degli organismi di cui ai precedenti articoli,   sussistendo  le  condizioni  previste  dalla  legge,  promuove  la   presentazione da parte dei soggetti previsti dalla vigente normativa   comunitaria, al Ministero delle politiche agricole ed alla Regione della   domanda di registrazione ai fini della protezione della denominazione di origine protetta o della indicazione geografica protetta o della attestazione   di specificità, dei prodotti agricoli ed alimentari e delle zone di produzione   degli stessi”. Insomma, il Comune si darà da fare ai fini delle procedure per il  riconoscimento DOP; DOC; IGP, intervenendo per agevolare l’iter in favore delle aziende che producono i prodotti  con il ricoscimento De.C.O. (Denominazione Comunale di Origine).(Vedi articolo 9 dello schema di regolamento dell’ANCI)

 

Insomma, tanto fumo e poco arrosto?

Certamente sì, a leggere ciò che ha scritto soltanto tre mesi fa il Piccolo.“Senza tanto girare intorno prevediamo che la De.Co. resterà un utile contenitore vuoto. I produttori sono restii - per usare un eufemismo - a cambiare passo nella produzione di Rosa e di Canarino. E poi, senza essere bocconiani, va da sé che minore è la disponibilità più alti restano i prezzi.” Anche se il medesimo quotidiano lo stesso giorno ci spiegava che “La De.Co., di fatto, non è altro che una tipologia di tutela assimilabile alle più note Igt (Indicazione geografica tipica), Doc (Denominazione di origine controllata) o Docg (Denominazione di origine controllata e garantita), che siamo abituati a conoscere ad esempio per il mondo dei vini. La differenza sostanziale è che i suddetti marchi prevedono per l'ottenimento e l'attivazione un percorso burocratico – e quindi anche tutta una serie di incombenze di carattere economico – decisamente più articolato e lungo. Per questo il Comune di Gorizia ha optato per la De.Co., in grado comunque di tutelare a dovere la Rosa di Gorizia o altri prodotti che in futuro godranno di questa denominazione.”

In questa partita, a mio avviso, c’è qualche bluff. Ma prima o poi le carte saranno scoperte e allora chi dovrà pagare la posta non potrà tirarsi indietro. Che ne dice la Piazza?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Da un'articolo del "Piccolo" del 18/02/2012 risulta che la "Rosa di Gorizia" è gia stata brevettata presso la camera di commercio di Udine,da un noto imprenditore goriziano attivo nel campo alimentare.In conseguenza a tale brevetto la domanda successiva è quasi d'obbligo
Può un agricoltore goriziano che la Rosa la produce, venderla al mercato con l'indicazione in evidenza "Rosa di Gorizia"? Se la risposta è affermativa tutto bene, ma se è negativa allora è evidente che il tutto si rivela un gran affare commerciale da parte di pochi,con la conseguenza a mio modesto parere, che la "Rosa Goriziana"non avra un grande futuro. (Da goriziano spero di sbaglirmi).
Roberto

Piazza Traunik blog ha detto...

Brevetti, marchi, registrazione, de.co.,doc ..... ecc. ecc. ecc. il nostro ordinamento sembra fatto proprio per confondere le idee e lascia spazio a chi vuole fare il furbetto. Ma mi chiedo: Comune o Camera di commercio hanno mai pensato che la soluzione ottimale sarebbe stata il "marchio collettivo"?
Per saperne di più .....
http://www.vr.camcom.it/attach/content/5027/Marchi%20e%20denominazioni%20di%20origine.pdf
Marilisa