martedì 18 marzo 2014

Inquinamento da centrale: indagini epidemiologiche e biomonitoraggio.


La Procura della Repubblica di Gorizia ha aperto un fascicolo sulla A2A.La Regione, tardivamente, attiva un Osservatorio Ambiente e Salute


 



di Martina Luciani



A Vado Ligure, pochi giorni fa, la magistratura ha disposto la chiusura della centrale a carbone imputata di essere causa di centinaia di decessi tra la popolazione e migliaia di casi di varie patologie. A Gorizia, la Procura della Repubblica ha avviato indagini sulla centrale A2A di Monfalcone, che già svariate ricerche scientifiche hanno catalogato come un mostro che sputa un cocktail micidiale di metalli pesanti e composti chimici volatili, e consente di appiccicare sulla carta geografica in corrispondenza della città dei cantieri un bollino rosso fuoco (così rosso che nemmeno la Ferriera di Servola se n’è meritato uno uguale), a significare che gli equilibri naturali sono gravemente alterati dagli inquinanti scaricati nell'ambiente ( vedi pag. 26 della Relazione Arpa 2013)

Con raro tempismo – viste le notizie che fioccano sulla stampa locale a proposito delle infauste conseguenze sulla salute pubblica da parte della centrale a carbone di Monfalcone, e su quella nazionale a proposito della centrale di Savona - proprio oggi, Sara Vito, assessore regionale all'Ambiente, e Maria Sandra Telesca, assessore alla Salute, in una conferenza stampa che si è svolta nella sede della Regione a Gorizia, hanno annunciato ( si legge in un comunicato) “l'istituzione di un Osservatorio Ambiente e Salute regionale, per sviluppare una vera e propria rete epidemiologica in Friuli Venezia Giulia ma anche per coordinare indagini su aree specifiche che presentano particolari problematiche di tipo ambientale e sanitario, come appunto Monfalcone.”

Si è anche saputo che la Regione ha avviato una nuova campagna di biomonitoraggio dei licheni in  collaborazione fra l'ARPA e l'Università di Trieste.
L’assessore Vito ha dichiarato che l'ultimo studio sui licheni risale infatti a una decina di anni fa, a cui era ne seguito un altro promosso da privati. Curioso notare che l’Arpa ha effettuato un campionamento di licheni in 72 stazioni, distribuite in tutta la regione Friuli Venezia Giulia, tra marzo 2011 e ottobre 2012, rendendone conto in un documento datato 2013 ( non si tratta dunque di 10 anni fa), con indicazioni sconfortanti per l’area di Monfalcone. E che un altro studio, probabilmente quello che la nota di Vito definisce “promosso da privati”, è stato presentato poche settimane fa dalla Vescovini Group di Monfalcone, gruppo che sta progettando un rigassificatore “mini” adiacente al porto di Monfalcone. Una analoga ricerca ( qualcosa come 12 mila pagine), effettuata in tre campagne tra il 1999 e il 2001, è stata a dormire fino al 2013 nei cassetti del Comune di Monfalcone, senza che gli ex sindaci Persi e Pizzolitto sappiano spiegare perché.  

I dati delle ricerche, tutte quante, sono comunque spaventevoli. Cosa ci si aspetta da una nuova ricerca? Che ci dica che l’aria è salubre e Monfalcone è un bel posto dove far crescere i figli? Possibile che solo la magistratura tema parole come piombo, mercurio, vanadio, cromo? Che solo un procuratore della Repubblica sappia associar loro gli aggettivi TOSSICO e CANCEROGENO?

Non ci tranquillizza il fatto che solo ora, 13 anni dopo la prima ricerca e i relativi allucinanti risultati, la Regione decida di avviare un controllo sulla popolazione: sulle malattie con cui bisogna lottare strenuamente, sui cancri che ti portan via, sugli aborti, sull’asma dei bambini…. Che ci confermerà quanto sappiamo già: oltre  che a causa dell’amianto, a Monfalcone e dintorni ( cioè Doberdò, Duino, Jamiano e via dicendo, come tira il vento) la salute delle persone e le condizioni dell’ambiente finora non hanno avuto alcuna importanza.

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