sabato 13 settembre 2014

Stasera finisce l'incubo freddo e fangoso del campo profughi sull'Isonzo.


 

Restituire la decenza igienico sanitaria e le condizioni minime di dignità ai richiedenti asilo abbandonati finora sul fiume riporta tutta la città fuori dalla vergogna.


di Martina Luciani



All people? All people? Questa la domanda che rimbalzava tra i profughi al campo sul fiume, quando ieri pomeriggio, 12 settembre, siamo corsi ( prima Michele Migliori ed io, poi ci ha raggiunto Ilaria Cecot, sempre con il solito sistema di scendere e risalire con l'aiuto di qualcuno lungo gli scivoli fangosi tra la boscaglia) ad annunciarli che si stava organizzando qualcosa per tirarli fuori dalla pioggia e dal fango. Non già dove?, quando? come?;  ma solo: all people?
Una paura autentica che qualcuno potesse essere escluso da un seppur non risolutivo miglioramento di condizioni di vita: si, tutti quanti, tutti quanti via da qua, abbiamo promesso, con la tremarella pure noi, perché finchè non vediamo tirate su, le tende nel campo della Provincia, e in numero sufficiente a sistemarli tutti, non staremo realmente tranquilli.
E già non sappiamo come e dove potranno prepararsi il cibo, che una cucina da campo non crediamo ci sarà.
E' stata la Caritas? hanno domandato. No,  le tende arrivano grazie alle istituzioni civili, ad una rete di persone che ha fatto cagnara e protestato, a Ilaria Cecot, al suo presidente, ad altri che stanno in consiglio regionale...the president of Italy? Chi, Napolitano? No, è troppo lontano, in ogni senso.
E durante il giorno dove andremo? Starete nelle vostre tende, al riparo, finchè non son pronti le case di mattoni dove sistemarvi...non dovremo venire più qua? No, basta, questo schifo finisce domenica, giorno del sole, Sunday!
Ci è voluta una buona mezz'ora perché si convincessero, come se uscire dall'incubo fradicio di fango fosse troppo difficile, che apparisse qualche sorriso, poi era finalmente tutto un lampeggiare di aperte risate e sguardi sollevati.
Ma questo non ha comunque interrotto l'organizzazione della vita nel campo.

C'è stata la preghiera,
sono arrivati alcuni ragazzi con le sporte della spesa, quattro fuochi richiedevano assistenza ( alimentarli con legna umida e piattini di plastica è molto difficile), due pentoloni sobbollivano, il panettiere aveva impastato farina, acqua e sale e stava tirando con destrezza le sfoglie circolari che poi passavano su una griglia, dove venivano fatte rigirare velocemente e indorare fino a cottura. Ieri sera la cena - in parte  per quel minimo di surplus assicurato dalle provviste alimentari che un gruppo di persone, tra cui gli studenti universitari ospiti a Gorizia, hanno portato al campo, un po' per le buone novelle che hanno confortato gli animi sotto i panni umidi -  forse sarà stata un po' più serena e allegra del solito, nonostante la pioggia insistente e il freddo.
Aspettiamo tutti che l'evento Papa, a Redipuglia - liberi la Protezione Civile dai suoi compiti organizzativi.
Io sono quella che ha meno pazienza, e fremo, con profondo fastidio, perché l'uomo che insegna ad amare il nostro prossimo ed avere speranza e coraggio finalmente parta con il suo aereo, permetta la conclusione di un cerimoniale che non comprendo e giudico assolutamente inappropriato, e consenta  di applicare finalmente il livello minimo di diritti, rispetto della dignità umana e delle più elementari norme igienico sanitarie al gruppo di richiedenti asilo che se ne stanno appollaiati sul promontorio sopra l'Isonzo.

Nessun commento: