sabato 4 ottobre 2014

Io sono: Thomas Scholz. Dal Parco Basaglia, la storia di un orto goriziano e il sogno di un appassionato di vecchie varietà di pomodori.

Sarà possibile creare al centro del parco Basaglia un piccolo orto botanico?
Un luogo che trasmetta la conoscenza e il rispetto della natura? Un centro che si dedichi alla conservazione e la salvaguardia dei semi? Un polo d’ attrazione per la ricerca ambientalistica?
Ad ogni modo, un luogo che nello stesso tempo offra spazio per la permanenza e il coinvolgimento dei pazienti!


di Thomas Scholz




Era metà aprile quando mi raggiunse la telefonata dalla presidente dell’ Associazione. Mi chiese se volessi collaborare a un progetto per la realizzazione di un orto. Dall’ anno prima frequentavo le serre della cooperativa sociale al parco Basaglia. Potevo usufruire di un angolino per seminare i miei pomodori. Ero stato indicato da loro. Sorpreso che avessero pensato a me andai all’ appuntamento.La signora mi conduce lungo il perimetro di una struttura a mattoni in vista che chiamano il ‘quadrilatero’. Non ci avevo fatto mai caso, ma adesso, passandogli vicino, noto che è senz’ altro un edificio d’ interesse storico. All’ angolo c’è un laboratorio di tipografia. Un po’ più avanti, nascosta in una boscaglia, la presidente mi indica l’area dell’orto. Uno spazio di circa 10 per 20 metri ben esposto al sole. A sud si estende un campo di calcio; c’è una vite, un fico, salvia, rosmarino, menta, finocchio selvatico e i residui della coltivazione dell’ anno precedente.



La persona che aveva seguito l’orto, un pensionato, era morto improvvisamente ed ora stanno cercando un successore.
Mi spiega che il compito non sarebbe in prima linea fare l’orto ma piuttosto coordinare e coinvolgere nei lavori persone con disagio mentale. Mi prospetta un contratto CoCoPro.
Lasciando il posto chiarisce che l’altra metà dello spazio, una radura un po’ inselvatichita, non fa parte dell’orto dell’associazione. Poi, passando accanto a una serra per semine in evidente abbandono, commenta che non è ancora chiaro se si potrà usarla. Questa serra è stata aggiunta in tempi recenti a una struttura preesiste che probabilmente era adibita a far svernare piante in vaso.
Torniamo dall’altra parte del quadrilatero e la signora mi fa entrare. Sul vetro della porta c’è scritto: ‘Graficamente, laboratorio di grafica sperimentale’. La presidente mi spiega che quella attività dell’ associazione ormai è finita. Nel cortile interno, tanto bello quanto trascurato, mi mostra alcuni attrezzi che potrebbero servirmi. Mi prega di tornare un altro giorno per presentarmi al ragazzo che in quelle stanze segue un nuovo progetto dell’associazione, il laboratorio di liuteria.

Quest’ anno, aprile era particolarmente caldo. I lavori per l’ orto urgevano. Io pensavo ai miei pomodori. Varietà di ‘seme vecchio’. Avevo chiarito che non sono un vero ortolano ma appassionato di pomodori. Bisognava formulare un progetto per ottenere finanziamenti. La presidente m’ aveva chiesto addirittura il curriculum. Il progetto doveva essere congruo sia alle finalità dell’ associazione che dell’ azienda sanitaria, insomma… alla ‘salute mentale’.
‘Fra l’ orto del contadino e l’ orto del convento’ avevo intitolato la mia breve bozza di progetto: la promozione della conoscenza dell’ affascinante mondo delle piante medicinali oltre alla salvaguardia di antiche varietà di ortaggi. Un orto botanico-didattico rivolto al pubblico.

Fine aprile hanno inizio i lavori. L’ assistente sociale che aveva partecipato ad incontri precedenti per imbastire il progetto mi presenta la persona che avrà il compito di seguire le cosi dette ‘borse di lavoro’. All’ inizio c’ è un solo assistito, più avanti si aggiungerà un altro ragazzo.
A un certo punto è chiaro che anche l’ altro piccolo appezzamento e la serra fanno parte del progetto. La presidente ha organizzato la collaborazione di un' altra cooperativa sociale. Sono venuti in aiuto due giovani operatori. Uno dissoda la terra con il motocoltivatore, l’ altro disbosca con la motosega. Si devono cavare degli alberelli con tutta la radice, altrimenti il motocoltivatore non va avanti. Prendo un piccone che trovo in serra. Si rompe con il primo colpo. Organizzo un altro piccone. Dopo mezza giornata i ragazzi della cooperativa ci salutano. Dicono che verrebbero più avanti a ‘cippare’ il grande mucchio di ramaglia. Sono un po’  stanco, ma è un buon inizio e sono felice. Il terreno è pronto. Sono due piccoli campi 10 per 15 metri ciascuno.

I lavori proseguono bene. Oltre ai pomodori, una ventina di qualità

diverse, mettiamo tegoline, zucche, zucchine, cetrioli, diversi tipi di peperoni e melanzane, meloni, sedano  rapa, cappuccio rosso,  porro, basilico ed altre erbe aromatiche, girasoli, topinambur, tagete… . Mia madre mi dà dall’ orto di casa, nasturzio, levistico, echinacea, calendula, iperico, verbasco… . Siccome abbiamo ottenuto una buona parte delle piantine gratuitamente - ringraziamo la cooperativa il Grande Carro e l’ Istituto Agrario di Gradisca- le spese sono molto contenute. Due paia di stivali di gomma, quattro sacchi di stallatico pelletato e due sacchi di ‘kamniska moka’, cioè farina di roccia che in Italia non ho trovato.

A metà maggio, dopo due settimane abbastanza impegnative, la presidente mi comunica che il progetto ‘forse’ parte a settembre. In conseguenza preferisco sostenere le poche spese indispensabili di tasca mia e non fornisco fatture e scontrini. Suscito malumore. Ma se il progetto non è ancora partito! Non dovrebbe essere contenta?
Ci sono delle incomprensioni anche sulla distribuzione del raccolto. Si parla dell’ emporio della Caritas, di gruppi di acquisto solidale (GAS)  e di ‘autoconsumo’. C’ è anche chi semplicemente vuole comprare. Fra le righe alcuni fanno intendere che non c’ è niente di male in un po’ di commercio diretto… in fondo l’ arte d’ arrangiarsi è una virtù a chilometro zero! Alla fine la distribuzione si risolve in maniera abbastanza semplice. ‘Autoconsumiamo’ e regaliamo un po’ a chi ci pare e a chi passa. Quando abbiamo una cassettina intera di un prodotto la portiamo alla cucina del convento dei Cappuccini.

Quest’ anno a Gorizia sono partiti - da quello che so in modo altrettanto spontaneo come il nostro - anche altri progetti paragonabili. C’ era un’ articolo sul giornale. Titolo: Orti sociali, il raccolto alle famiglie povere. Protagonista principale la Caritas che mette a disposizione, sostenuta dalla Fondazione Carigo “…risorse economiche per attivare percorsi di borsa lavoro, tirocinio e vaucher anche a favore di persone in cura al centro di salute mentale goriziano.” Fra enti pubblici, cooperative sociali e associazioni sono elencate una dozzina d’ istituzioni coinvolte. Tanta amministrazione per poche risorse economiche!
Si parla da anni di ‘ritorno alla terra’ e di ‘orti urbani’. Giorni fa hanno mostrato al TGR un esempio a Udine. In mezzo a condomini una fila di piccole parcelle che secondo il commentatore “presentano un prezioso contributo all’ economia delle famiglie.” In ripresa ravvicinata: pomodori marciti. Si vuole far intendere che siamo alla frutta? A Gorizia che poi tanto urbana non è, si sperimenta la variante  del ‘orto sociale’. In teoria un’ ottima cosa ma molto difficile da realizzare: nessuno può fare i cavoli suoi, la mano d’ opera scarseggia.

Il lavoro concreto manuale lo abbiamo fatto principalmente in quattro. Due sono persone assistite stipendiate con ‘borsa di lavoro’. Trecento euro per venire ogni giorno dalle otto alle undici. Loro hanno partecipato ai lavori come potevano e – si deve aggiungere - come volevano. Sono rimasto molto stupito quando ho saputo che l’ operatore che ha l’ incarico di seguire queste persone è reduce da una depressione e poco tempo fa era a sua volta in cura. Ne parla apertamente. Va verso i sessanta. Dopo una vita da lavoratore, la cassa integrazione e la successiva disoccupazione lo hanno messo in ginocchio. Si è tirato fuori dal buco rendendosi utile per le varie associazioni di volontariato qui al Parco Basaglia. Adesso il suo compito, al quale si dedica con passione, è di prestare assistenza da ‘ortolano sociale’. Quando occorre però viene mandato altrove; settimane intere a traslocare banchi per l’ emergenza delle strutture scolastiche. Ufficialmente sta facendo un tirocinio per la Provincia. Nella vita non si finisce mai ad imparare! Cinquecento euro per trentotto ore settimanali. Qui rimane da commentare: dal punto di vista economico conviene piuttosto ricevere assistenza.

Un paio di volte sono venuti anche due ragazzi profughi del Pakistan. L’ accordo con gli operatori della Caritas era che sarebbero venuti due volte la settimana per due ore. Ovviamente non retribuiti. Cerchiamo di fare il meglio per accoglierli ed integrarli. Parlo piano in italiano e cerco di ripetere in inglese. Con loro abbiamo iniziato a togliere il sottobosco. Da casa mia ho portato tutte le cesoie e seghetti disponibili. I rametti piccoli li sminuzziamo direttamente con la vanga, quelli più grossi li leghiamo in fasci. Anzitutto per evitare grandi mucchi di ramaglia. Con il materiale realizzeremo un ‘aiuola a cumulo’.
Un prezioso aiuto per il progetto arriva dal SENT sloveno, organizzazione che corrisponde al CSM italiano e ha sede a Šempeter a poca distanza. Constatiamo subito che gli sloveni d’ orto s’ intendono molto di più. Di solito vengono in quattro o cinque, ogni mercoledì per due ore se non piove. Magari fosse possibile approfondire la collaborazione!

Riceviamo molti complimenti per il lavoro svolto. Grazie alla buona terra e alla felice posizione raccolta fra gli alberi siamo riusciti a creare in poco tempo –anche se solo in fragili accenni- un piccolo idillio. Ormai la stagione estiva si sta concludendo. Come continuare? Abbiamo seminato la valeriana e gli spinaci. Probabilmente ci limiteremo a poche cose. Piuttosto ci prepariamo bene per la prossima primavera.
Alcune settimane fa c’è stato un incontro chiesto dalla presidente con il direttore del centro di salute mentale per chiarire la situazione. Erano presenti le diverse associazioni di volontariato. Chiaro è solo che si vorrebbe recuperare un’ area e delle strutture all’ interno del parco Basaglia che erano destinate alla terapia. Si dovrebbe forse anche interrogarsi ed analizzare come mai siano state trascurate e abbandonate. Si parlava di personale, finanziamenti, relazioni tra pubblico, privato e associazionismo, ma solo marginalmente di contenuti.
È stato constatato però che l’ interesse verso l’ orto troppo spesso si limita alla banale produzione di cibo e viene di seguito automaticamente valutato in termini economici. Sarà possibile creare al centro del parco Basaglia un piccolo orto botanico che non sia soggetto a questi meccanismi? Un luogo che trasmetta la conoscenza e il rispetto della natura? Un centro che si dedichi alla conservazione e la salvaguardia dei semi? Un polo d’ attrazione per la ricerca ambientalistica? Ad ogni modo un luogo che nello stesso tempo offra spazio per la permanenza e il coinvolgimento dei pazienti!
Nonostante le idee in questa direzione siano in grosso modo accettate da tutti e persino la presidente della regione è stata trascinata a prendere visione dell’ nostro piccolo orto non ho avuto l’ impressione che i vari gruppi interessati riescano ad unirsi per uno sforzo comune. Da piccole associazioni di volontariato, di solito composte da un presidente attivo a livello amministrativo e – salvo eccezioni -  pochi membri passivi, certamente non si può pretendere che facciano miracoli.
Forse si dovrebbe cercare collaborazione e aiuto all’ esterno dell’ azienda sanitaria, coinvolgendo enti e istituzioni che si occupano di ambiente e organizzare a proposito una conferenza rivolta al pubblico per interessarlo a una partecipazione attiva.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Nell'articolo del 4 u.s. titolato "Io sono: Thomas Scholtz", seppure titolo di per sé emblematico nel definire un personaggio, appare utile un corretto raffronto con l'associazione di cui si parla, seppure non citata.

La persona che scrive è divenuto, su sua sottoscritta richiesta, socio volontario della scrivente Associazione ed è, pertanto, tenuto a norme di correttezza e segretezza, in conformità della sua appartenenza associativa ed alle mansioni ivi svolte, ed a comportamenti rispettosi della privacy di coloro con i quali lavora, anche se espressi in citazioni anonime, ma chiaramente riconoscibili ai più.. Come socio privo di cariche rappresentative, inoltre, può parlare a nome dell’Associazione, su temi condivisi, se ne è stato da questa, o da chi per lei, autorizzato.

Ogni associato è regolarmente assicurato in attinenza alle sue mansioni ed RCT, usufruisce dei rimborsi delle spese sostenute in funzione della sua attività associativa. Al riguardo, nel caso citato, è attivo un fondo cassa, implementabile, sin dai primi di luglio u.s.

Il progetto di cui trattasi era in attesa di un richiesto finanziamento, entro i termini stabiliti.

L'agricoltura non segue, però, i percorsi burocratici dei finanziamenti, ma i ritmi della natura, ed un orto va’ programmato sin dalla primavera, contando per prima cosa sulle forze volontarie, perché tali sono le finalità di una Onlus. Nel caso in argomento, dopo la sperimentazione estiva, coadiuvata dalla collaborazione prestata dalle cooperative sociali partner di progetto ed associazioni a partecipazione volontaria, si valuterà se il progetto iniziale, che sin dall'inizio è stato volto ad una ricerca selettiva di semi ed analisi di possibili proposte didattiche, potrà avere un’evoluzione permanente, anche confrontandosi con altri soggetti ed organismi, sia pubblici sia privati.

Integrare esigenze di sperimentazione, con quelle associative e socio-sanitarie, non è mai stato semplice, ci sono norme e leggi, tempi e riservatezze, da rispettare, ma abbiamo sempre riportato buoni risultati nel corso della nostra attività, auguriamo che ciò avvenga anche per una buona continuazione nella conduzione degli orti sociali del parco Basaglia.
Gabriella De Simon presidente URASaM FVG Onlus