mercoledì 5 novembre 2014

Prima guerra mondiale, tiepide celebrazioni a Gorizia: semplice disorganizzazione a gestire il centenario o timore del ricordo?

Alcune considerazioni mi sono apparse nella mente dopo un breve recente viaggio nelle Fiandre occidentali e nella Francia nord-occidentale: il paragone con quanto avviene nei luoghi dove si sono consumate atroci carneficine belliche ha reso inevitabile  considerare la ristrettezza di vedute e di iniziative che Gorizia sta esibendo in occasione ( ma anche prima) delle celebrazioni del Centenario della prima guerra mondiale  e in generale la superficiale percezione collettiva del senso che quel pezzo tragico di Storia riflette sul nostro presente.


di Andrea Luciani
Durante la Prima Guerra Mondiale la cittadina di Ypres ,o Ieper in fiammingo, è stata luogo di un’ecatombe che ha coinvolto gli eserciti della Triplice contro quelli degli Imperi Centrali, schierati lungo il cosiddetto Fronte Occidentale.Migliaia di caduti da entrambe le parti, migliaia di croci per ricordarli.
Nel Centenario di questo infausto avvenimento, in questi posti -  terre splendide di radicata operosità con risvolti alla base dell’attuale benessere in Europa - la vita quotidiana prosegue con questa incombente presenza di cimiteri, memoriali, lapidi e quant’altro che ci rammenta la tragedia.
Senza timore di retorica, ogni giorno si vedono persone che provengono da ogni parte del mondo a rendere omaggio, a vedere a conoscere e a studiare i luoghi di questo tremendo periodo di guerra.

Piccoli e grandi cimiteri sono dispersi su un fazzoletto di terra, in mezzo alle case, a fianco delle strade principali come ai viottoli di campagna.
Tutti in ordine, curati ed accuditi per perpetrate un vivo ricordo di quel sacrificio inumano.
Nomi come Ypres, Menin, Zonnebeke, Tyne Cot, Langemark ed altri ancora, ricordano scenari infernali in cui Francesi, Inglesi, Truppe del Commonwealth hanno perso la vita ma non sono stati assolutamente dimenticati.
Ogni sera alla Porta di Menin di Ypres, dal lontano 1928, viene reso omaggio  , da parte di un gruppo di volontari riuniti in associazione, suonando “The Last Post” come rispettoso omaggio carico di significato.
Ogni sera diverse centinaia di persone trovano posto sotto la Porta di Menin e ascolta la seguente esortazione: “They shall grow not old, as we that are left grow old: age shall not weary them, nor the years condemn. At the going down of the sun and in the morning,We will remember them.”
Poi un minuto di silenzio...
Proseguendo il viaggio sono passato per la Somme e Verdun ( nella foto). Posti collegati  tra loro da dolore, patimenti e morte. Beaumont-Hamel, campo di battaglia intriso di sangue canadese:  in questo sito gruppetti di ragazzi canadesi giungono volontariamente  e per un po’ fanno da   guide per i turisti e gestiscono un piccolo museo che ricorda i loro conterranei Newfoundland and Labrador.
Sulle alture vicino a Verdun, tra i forti di Vaux e Douaumont, tuttora   non è possibile camminare nei magnifici boschi perchè durante la battaglia iniziata il 21 febbraio del 1916 e finita a dicembre dello stesso anno, furono sparati milioni di colpi di obice. Porzioni di territorio ancora da bonificare o forse perso per sempre...
Vedo Oslavia, sembra abbandonata, muta torre bianca incombente su Gorizia.
Da quel che so, non si può entrare per problemi di tenuta della struttura. Meglio dimenticarsi di questo monumento. C’è timore di ricordare un pezzo di storia che forse qualche bisnonno ha vissuto in prima persona. Evidentemente nel sentire collettivo è preferibile ignorare la storia di cui siamo figli e sui fondiamo il presente ed il futuro. Meglio l’oblio che comprendere il passato.

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