domenica 26 aprile 2015

Quer pasticciaccio brutto della centrale a biomasse Rail Nord: 3 piste per le indagini dei cittadini di buona volontà.

Impianto a biomasse della Rail Service, in città. Uno, anzi due, con l'aggiunta di un'installazione per il riciclo di alluminio.  Parecchia confusione e clima teso. Vista la rilevanza del problema, che ha già prodotto una significativa mobilitazione di cittadini contrari al progetto, la Provincia potrebbe, come fatto per  A2A di Monfalcone e rigassificatore Smart gas, commissionare uno studio scientifico specifico per fugare i dubbi e le resistenze. Suoi e nostri.


di Martina Luciani




La Conferenza dei servizi, sulla base del parere negativo del Consiglio Comunale di Gorizia, ha negato l'autorizzazione alla realizzazione del progetto Rail Nord. La società  proponente ha impugnato il diniego dinnanzi al Tar  e il Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia , con la sentenza 172 depositata il 7 aprile scorso,  ha dato ragione all'imprenditore. L'ha fatto affermando che il Comune ha utilizzato criteri diversi da quelli meramente urbanistici, che sarebbero gli unici a competergli, e che in caso di parere contrario la successiva pronuncia spetta  alla Giunta provinciale e non alla Conferenza dei servizi. Quindi illegittimo il parere del Consiglio comunale e illegittimo il diniego all'autorizzazione da parte della Conferenza dei servizi, perché nel caso specifico avrebbe dovuto pronunciarsi la Giunta provinciale.
Qua si apre, a titolo di premessa,  un interessante prospettiva di ragionamento, visto che il Consiglio di Stato ha  recentemente, e nuovamente, ribadito (sentenza n. 4731/2014) che la pianificazione urbanistica deve essere intesa in senso ampio, ovvero che, per mezzo della disciplina dell'utilizzo delle aree, vadano realizzate anche finalità economico-sociali della comunità locale (…) nel quadro del rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente garantiti”, tra cui il diritto alla salute”.
Nel frattempo, in attesa della sentenza del Tar, la Rail Service ha presentato un secondo progetto per una centrale a biomasse nello stesso identico sito, l'area ferroviaria dietro via Trieste e a pochi passi dall'abitato di Sant'Andrea e di Sant'Anna, a 700 metri dal centro cittadino, descrivendolo come fortemente migliorativo rispetto il precedente, sul piano ambientale e su quello paesaggistico ( a chi si chiedesse: non si poteva far subito? la risposta è: evoluzione della tecnologia!) Progetto che sobbolle sopra una pignatta riempita alla rinfusa dei più vari ingredienti, provenienti dalla storia A ( il primo progetto) e dalla stessa storia B ( il secondo progetto). Anche il nuovo progetto è stato  cassato dal Consiglio comunale, prima della sentenza del Tar.  Inoltre Rail service intende costruirne un altro impianto a biomasse,  a poca distanza, verso la rotonda di Sant’Andrea: una zona che era classificata come commerciale e che poi è diventata idonea ad insediamenti produttivi. Tutti sanno che la costruzione di quest'ultimo è subordinata alla realizzazione di quello nell'area ferroviaria.

Prima questione: le responsabilità  penali, amministrative e contabili.
Qualcuno  paventa una responsabilità personale degli amministratori chiamati a pronunciarsi sul secondo progetto alla luce del pronunciamento del TAR sul  progetto A: nel senso che i fini risarcitori  richiamati nella sentenza sembrano avere  uno strano effetto, quasi riverberassero a mo' di intimidazione sul percorso autorizzativo del secondo.
Che definizione potremmo dare al condizionamento ideologico che questa prospettiva (decisamente artefatta visto che senza un fine risarcitorio il Tar non avrebbe potuto pronunciarsi sul ricorso) produce sulla valutazione del secondo progetto da parte degli amministratori? Piuttosto che soffermarsi in maniera cosi' curiosa solo su questi contenuti processuali, meglio sarebbe considerare che volenti o nolenti Nel primo caso, visti gli interessi economici in gioco, è molto probabile che la ditta interessata impugnerà nuovamente la decisione finale negativa. Nel caso opposto, invece, ovvero nel caso in cui la Giunta provinciale concedesse il suo assenso nonostante il niet comunale, penderebbe sulla stessa la spada di Damocle dell’abuso di ufficio, a meno che il provvedimento della Giunta provinciale non sia adeguatamente motivato dal punto di vista tecnico. Senza tenere conto, peraltro, che in questo caso potrebbero essere le associazioni ambientaliste ad impugnare il provvedimento davanti al Tar. Ora la palla passa alla Giunta provinciale, la quale ha comunque di fronte una situazione a rischio processuale.  Ascoltate le argomentazioni  espresse in sede di Conferenza dei servizi avrà di fronte due strade: la prima è quella di confermare il diniego del Comune per incompatibilità urbanistica; la seconda è quella di capovolgere il verdetto del Comune.

Seconda questione: l'ultimo progetto include qualcosa di nuovo oltre alle migliorie tecnologiche, e cioè un impianto per il riciclaggio dell'alluminio. Mica poco, non si tratta di un gazebo per lo zucchero filato. Ma sull'impatto di questo secondo insediamento industriale sappiamo poco, le stesse prescrizioni dell'Azienda sanitaria ( che riconoscono la centrale come azienda insalubre e ne subordinano l'avvio alla realizzazione di un generico sistema di teleriscaldamento, così da compensare, sempre molto genericamente, le emissioni di cui sono ben noti gli effetti cancerogeni) non ne fanno menzione.
Sta di fatto, tuttavia, che  il D.M. 5 settembre 1994, “Elenco delle industrie insalubri di cui all' art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie” individua gli stabilimenti di questo tipo quali industrie insalubri di prima classe.

Terza questione: la Provincia di Gorizia ha dimostrato molta diligenza relativamente alla centrale a carbone dell'Enel e al rigassificatore Smart Gas, giungendo a commissionare un poderoso studio a scienziati e tecnici di chiara fama.
L'insediamento di una centrale a biomasse e annesso impianto per il riciclo dell'alluminio, a 150 metri da un silo nido e dalle case dei cittadini, dovrebbe meritare analogo approfondimento, soprattutto in relazione alle conseguenze del parere conclusivo che, in un modo o nell'altro lascerà molti scontenti
Quello che non cambia nell'intreccio tra progetto A e progetto B è il filo rosso costituito dalle quasi 700  firme di cittadini già raccolte ( da Essere Cittadini, Forum per Gorizia, Skultura, gruppi ambientalisti e Comitato)  e depositate in occasione del dibattito sul progetto A: in una zona residenziale, a una manciata di metri da asilo nido, scuola materna, abitazioni, esercizi commerciali, un impianto che la legge definisce " industria insalubre", destinato a produrre energia con cui alimentare un secondo impianto per il riciclo dell'alluminio, senza nemmeno significativi riscontri occupazionali, non lo vuole nessuno. Per capirci: anche i Tir viaggiano con emissioni stabilite entro limiti massimi dalla legge, ma chi vorrebbe averne due sotto casa, in sosta con i motori accesi 24 ore su 24?

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