martedì 28 aprile 2015

Richiedenti asilo, si parte. L’altra faccia della medaglia della liberazione di Gorizia dallo straniero




Discutibile risultato umanitario la super pulizia voluta dal nostro sindaco per liberare la città dall’invasione dei richiedenti asilo: più che un trasferimento, una cacciata,con le conseguenze del caso. Inesistente il  risultato  sul piano delle soluzioni strutturali del problema.I richiedenti asilo nuovi arrivati non sanno dove andare. A dimostrazione che non solo non siamo organizzati rispetto a quanto accade oggi ma non sappiamo nemmeno dove vogliamo arrivare domani.


di Martina Luciani


Un centinaio di richiedenti asilo, tra il 24 e un super simbolico 25 aprile, sono partiti da Gorizia, verso Lombardia, Liguria e Abruzzo. Una parte di questi erano accolti sotto il tetto Caritas; una parte dormivano per strada. Praticamente carne da macello, a loro ci pensi qualcun altro e noi sanitizziamo i marciapiedi che hanno infettato. Operazione strade pulite a 360 gradi.
Succede anche questo: una decina di ragazzi che sono fuggiti, evitando la partenza, e che successivamente sono stati riacchiappati, pur di non lasciar un granellino di polvere in giro sono stati sistemati dall’autorità nel dormitorio della Caritas. Struttura che non è convenzionata con la Prefettura e che si auto sostenta economicamente:  spingi spingi, sono entrati tutti, a casa della Caritas, e senza nemmeno chiedere “ scusate c’è posto?” Domanda inutile, perché se ci fosse stato posto in dormitorio non ci sarebbe stata gente a dormire per strada. Oltretutto, per riempire i posti vuoti della corriera in partenza sono stati praticamente prelevati di peso una decina di ospiti del Nazareno. E la mattina dopo , dalla struttura di via Brigata Pavia, ne sono partiti altri 50.
In totale dunque una sessantina di richiedenti asilo coperti da convenzione: se ne stavano calmi e tranquilli al Nazareno, divenuto negli ultimi mesi una piccola comunità di persone in attesa ( con molta ansia) ognuna della propria sentenza personale. Ma intanto unite da vincoli di solidarietà e inseritesi di buon grado  in un meccanismo di  regole chiare e inappellabili.

Impossibilitati per legge a lavorare, ma pronti a dare una mano a piccole iniziative di volontariato, a partecipare a manifestazioni come quella per i naufraghi del canale di Sicilia, a fare servizio di interpretariato.  Felici anche solo del ciao che gli si rivolgeva per strada, magari integrati in una squadretta di calcio, inseriti in percorsi di apprendimento dell’italiano per stranieri. Ci saranno molti assenti all’esame conclusivo di quel corso, domani. Sono partiti, non tornano più. Saltati anche gli appuntamenti medici. Saltata una quotidianità in sé anomala ma che qualcosa di rassicurante e confortante pur ce l’aveva.
“Eravamo ormai come fratelli, chi stava male aveva chi lo aiutava, chi aveva un problema trovava con chi parlare, chi era triste aveva con chi parlare”: ci spiega un ragazzo che ha visto partire quasi tutti i suoi compagni di stanza. Situazioni delicatissime sul piano psicologico stavano in equilibrio nelle dinamiche di reciproca assistenza. Secondo me un esperienza profondamente didattica e costruttiva.  In più, e per quel che vale di fronte ai disastri esistenziali che fanno parte del bagaglio dei richiedenti asilo, questi ragazzi mandati via, con un blitz che ha lasciato loro solo poche ore di preavviso, sapevano anche di poter far conto su persone amiche a Gorizia,  di poter venire dai volontari della Caritas, di trovarci per strada e poter fare due parole o di poterci telefonare per un consiglio o una ( rarissima) richiesta di aiuto.
Personalmente non credo che l’assenza di queste persone innalzerà il livello di civiltà e di decoro di questa città; forse farà contenti coloro che con livore li additano come causa di tutti i mali di questa comunità, coloro, per dirla con Claudio Magris, che temono tutti i forestieri che non sanno bestemmiare nel loro dialetto, coloro che sognano un mondo endogamico e gozzuto di consanguinei.  Non credo nemmeno che l’esser stati cacciati quando ormai facevano il conto alla rovescia per la comunicazione della fatidica data dell’intervista in Commissione territoriale sia una buona pratica in materia di accoglienza, tantomeno un passo avanti sulla strada dell’integrazione nella nostra società. Indiscutibile il fatto che Gorizia non può accogliere all’infinito: ma gestire con intelligenza e umanità una situazione così delicata sul piano dell’umanità, questo si può fare. Indiscutibile anche il fatto che questi giovani hanno scelto da sè la tormentata via dell'esilio, e il continuo errare va messo nel conto di questa dolorosa esperienza: ma dobbiamo rendergliela il più amara possibile?
Fatto sta che, in attesa di contributi concreti ad una organizzazione strutturale dell’accoglienza, partiti i 100 da Gorizia, altri tre giovani sono appena arrivati: quali soluzioni  i nostri strateghi hanno saputo individuare per dare loro una prima accoglienza decorosa? Nessuna.


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