sabato 12 settembre 2015

#noBiomasseGO: Illustrata oggi alla stampa la questione impianto trattamento rifiuti speciali del Three shades of green




L’impianto di trattamento dei rifiuti per il recupero dell’alluminio risulta all’interno del centro abitato, e non all’esterno, così come dichiarato negli elaborati progettuali.   Per gli impianti che trattano rifiuti speciali non pericolosi, ed è questo il caso,  il Piano regionale stabilisce che non possano trovarsi entro i confini dei centri abitati. Il comunicato stampa integrale del comitato. 



 

Nel 2011 la Rail Services di Gorizia  fece  richiesta al Comune di variante urbanistica da commerciale a produttiva per un’area che sta a ridosso della ferrovia che corre parallela a via Trieste, prolungandosi fin quasi alla rotonda di Sant’Andrea, incuneata nel centro abitato tra i quartieri di Sant’Andrea, San’Anna e Campagnuzza. La variante, pur con qualche difficoltà, nel 2012  venne autorizzata : era allora plausibile ritenere che il richiedente avesse intenzione di sviluppare le propria attività (trasporto e interscambio gomma rotaia) nel settore della logistica industriale.
A luglio del 2014 il Patto per lo sviluppo di Gorizia ( Comuni di Gorizia e Monfalcone, Provincia di Gorizia, CCIAA Gorizia, CGIL CISL UIL, Unione industriali di Gorizia) espresse parere favorevole sul progetto chiamato  “Three shades of green”,presentato  da Rail Service. Ovvero, un impianto per il recupero dell’alluminio, una centrale a biomasse Sud  e una Nord.  Pubblicamente definito un “mosaico produttivo” il progetto subito dopo la presentazione scorporò in fasi distinte il procedimento di autorizzazione:  una richiesta per la centrale Sud, autorizzata già il 21 aprile 2013, una per l’impianto di trattamento di rifiuti per il recupero dell’alluminio, autorizzato il 13 maggio 2015,una per la centrale Nord, autorizzata il 17 giugno 2015.

In realtà le autorizzazioni che sostengono il progetto industriale unitario sono addirittura quattro, perché nell’area interessata era già previsto un impianto per il trattamento dell’alluminio “end of waste” ( cioè un rifiuto di alluminio già selezionato), autorizzato il 4 aprile 2014. 
 Tutti gli enti coinvolti nel procedimento autorizzatorio della Conferenza di servizi ( l’organismo competente a riunire, semplificando l’iter burocratico,  tutti i soggetti istituzionalmente preposti alla tutela dei diversi interessi coinvolti da un progetto di impianto energetico e di trattamento rifiuti) considerarono singolarmente i progetti, tranne forse l’Arpa, che relativamente alla centrale SUD prescrisse di valutare l’inquinamento da essa prodotto considerando anche l’erigenda centrale Nord ( per la quale non era nemmeno stata presentato il progetto).
Il comitato #noBiomasseGO, mentre acquisiva e studiava atti e documentazione per affrontare il ricorso amministrativo avverso l’autorizzazione della centrale Nord,aveva chiarito che uno degli elementi fondamentali era lo “spacchettamento” del triplice, anzi quadruplice, progetto . In ciò era confortato dal fatto che erano appena state emesse ( marzo 2015)  le Linee guida del Ministero dell’ambiente, chiarificatrici dei criteri che impongono la Valutazione di impatto ambientale  ed evitano lo spezzettamento artificioso di progetti  in segmenti sotto soglia, eludendo la considerazione complessiva dell’impatto cumulato dei singoli elementi.


Dall’intenso e tutt’altro che agevole lavoro, reso più difficile dal fatto che sugli impianti c’erano scarsissime informazioni già pubbliche,   è emerso un elemento sconcertante: l’impianto di trattamento dei rifiuti per il recupero dell’alluminio risulta all’interno del centro abitato, e non all’esterno, così come dichiarato negli elaborati progettuali.   Per gli impianti che trattano rifiuti speciali non pericolosi, ed è questo il caso,  il Piano regionale stabilisce che non possano trovarsi entro i confini dei centri abitati. Quindi quella specifica localizzazione non poteva essere autorizzata.  Ma se anche l’impianto ricadesse fuori dal centro abitato, cosa che il comitato ha verificato non essere corrispondente alle planimetrie comunali, ci sarebbe un’ulteriore e insormontabile incongruenza: il Piano regionale stabilisce una fascia di rispetto di 1000 metri di distanza dai centri abitati, ammettendo la deroga in sede autorizzativa.  Tale deroga tuttavia presuppone motivazioni che si fondano sul Piano provinciale dei rifiuti speciali,  che la Provincia di Gorizia ha adottato nel 2010 ma che la Regione FVG non ha mai approvato.

Il comitato #noBiomasseGo ha richiesto un incontro con il sindaco di Gorizia, avvenuto il 1° settembre, spiegando la complessa situazione.  Contestualmente ha depositato un’istanza  affinchè questa situazione venga per quanto di competenza corretta , sollecitando inoltre l’ente rappresentativo della cittadinanza ad intervenire nei confronti della Provincia per un’azione di annullamento in autotutela dell’autorizzazione  all’impianto dell’alluminio.
Il sindaco Romoli ha immediatamente coinvolto gli uffici competenti, ribadendo in una lettera al comitato la sua contrarietà, peraltro già espressa pubblicamente, all’allocazione di impianti industriali in quell’area della città. Il comitato è in attesa del riscontro da parte dei referenti tecnici del Comune sulle questioni sollevate: ma soprattutto è in attesa che si trovi rimedio all’errore compiuto.
Nel senso che, una volta  compiuto l’accertamento, nella prospettiva indicata dal comitato, sulle dichiarazioni rese in sede di progetto, va preso atto che la realtà dei fatti evidentemente non avrebbe consentito il parere favorevole espresso in sede di Conferenza di servizi.
Analoga istanza è stata depositata anche in Provincia, rivolta anche alla Regione Friuli venezia Giulia relativamente alla richiesta di sottoporre l’intero progetto Three shades of green allo screening di VIA.
Sono in corso, nel frattempo,  i preparativi per il ricorso amministrativo e nei prossimi giorni verrà anche consegnata una segnalazione alla Procura della Repubblica affinchè  siano prese in considerazione le irritualità e le incongruenze riscontrate in tutti e tre i procedimenti autorizzatori.

Il comitato auspica che attraverso questa esperienza l’interlocutore politico restituisca valore alla partecipazione dei cittadini portatori di interessi diffusi; e invece di dover attivare agli strumenti di tutela legale, le istanze siano considerate non come una contrapposizione ostile ma come un contributo da annoverare tra le buone pratiche della vita democratica di una comunità.


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