mercoledì 24 agosto 2016

10, o forse 14, in FVG, gli immobili delle Forze Armate presi in considerazione per l'accoglienza profughi nel piano di Alfano.

Si parla ( e si straparla) di accoglienza diffusa e all'improvviso, con una spesa preventivata di 40 milioni di euro, il ministro Alfano si organizza per recuperare vecchie caserme, depositi militari, strutture abbandonate delle Forze Armate e organizzare così l'accoglienza profughi. Di queste strutture, secondo le notizie che rimbalzano su ogni testata on line,  10 o addirittura 14 ( sui numeri ognuno scrive quel che gli pare) si troverebbero in Friuli Venezia Giulia. Urgenti spiegazioni e chiarimenti.


di Martina Luciani

Son mica poche 14 caserme, e anche 10 non è male,  anche si trattasse di altro e più piccolo tipo di edificio militare dismesso, da ristrutturare per farne centri di accoglienza.  Non si discute sulle necessità impellenti:  il Meridione italiano è travolto dal problema accoglienza migranti e la situazione va alleggerita immediatamente. Ma orientare la soluzione del problema solo sul meccanismo delle grandi concentrazioni di persone è insano, in tutti i sensi, pericoloso, difficile da gestire ( prima, dopo e durante, con o senza cooperative), onerosissimo sotto molteplici profili per le comunità di mala voglia ospitanti.
Non sono riuscita a trovare l'elenco delle strutture individuate dal Ministero nella nostra Regione, ma parebbe chiaro che a settembre, tra Ministero dell'Interno e Anci, verrà concluso un accordo per la sistemazione di 150 mila migranti e l'adesione dei Comuni allo Sprar ( che teoricamente è un meccanismo di protezione successivo al riconoscimento dello statud di rifugiato).
E con l'ampia scelta di edifici delle Forze Armate dismessi a Gorizia ( titolare di commissione territoriale) e provincia, credo avremo modo di partecipare a infuocate discussioni.
La mia personale speranza, visto che nel piano del Viminale, si parla anche di Sprar, è che il piano del Viminale consideri questo apparato di strutture come centri di prima accoglienza: quelli cioè che servono da primo snodo per la successiva gestione dell'accoglienza diffusa,  basi  operative sul fronte dell'emergenza dove il turn over delle persone accolte  si svolge nell'arco di poche settimane, il tempo necessario a dislocare piccoli gruppi nei Comuni.
La stessa cosa del campo San  Giuseppe, insomma, con il meccanismo realizzato da Medici senza Frontiere ed ora ereditato dalla cooperativa Aesontius che fa parte del consorzio Il Mosaico. E qui si pone l'ulteriore interrogativo, senza urgenza ( che a ristrutturare ci vuole tempo) ma con indiscussa rilevanza: e poi, di queste nuove strutture, chi si occuperà con professionalità e trasparenza?
Ritengo onestamente meno angoscioso il quesito, già politicamente utilizzato, sui quaranta milioni di euro da destinare all'operazione: sono soldi che vanno al mercato interno dell'edilizia e dell'indotto, soggetti protagonisti ( seppur in affanno) dell'economia italiana. Meglio ristrutturar caserme, che sperperare in grandi opere e devastazioni irreparabili al territorio.


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