sabato 17 settembre 2016

In ricordo di un amico: Stanko



Foto di http://www.intravino.com

Ogni volta che penso a Stanko, in questi giorni, gli occhi mi si riempiono di lacrime perchè il ricordo si lega alle piacevoli chiaccherate attorno al tavolo della sua cucina, assieme alla adorata moglie Susanna, e si confonde con i ricordi/nostalgia di emozioni ed esperienze degli anni passati, a parlare di politica, del ruolo che Gorizia potrebbe assumere nella promozione dei vini bianchi o anche di quando mi insegnò a mungere, prima di vendere le ultime mucche per dedicarsi esclusivamente al lavoro in vigna. Mi piace ricordarlo, attraverso poche parole che l'uso, quello buono della rete, consente di condivedere con coloro che, come me, non dimenticheranno la sua bontà e straordinaria generosità.


di Marilisa Bombi

Non poteva che andarsene alla fine dell’estate, Stanko Radikon. Quando nelle colline che circondano la città è in pieno fermento la vendemmia che, ancora oggi, è un magico momento rituale. Che i grappoli vengano raccolti a mano o meccanicamente, il significato di comunione tra l’uomo e la terra è comunque forte. Terra, Terroir. Mentre emerge, come in una foto color seppia, il ricordo di tavolate attorno alla quale si riunivano amici, parenti e vicini di casa, dopo aver lavorato tutti assieme nelle vigne, l’immagine di Stanko che con passione mi racconta del “vino vero”, balza prepotentemente in primo piano.
Perché al di là delle definizioni tecnico-giuridiche, ho sempre pensato che esistono nel settore della viticultura due categorie di operatori: gli imprenditori, cioè coloro che producono o acquistano l’uva per fare vino da commercializzare con il massimo profitto ed i poeti. A questa categoria apparteneva Stanko. Poeti visionari che hanno creduto in un sogno: quello di realizzare il “vino vero”. Poeti che, mi raccontava, si sono costituiti in associazione, tanto per dimostrare che l’adesione non è concessa a tutti ma soltanto a coloro che ne hanno sposato il credo. L’obbiettivo, del vignaiolo, mi diceva, è aiutare, con il lavoro agricolo, senza chimica, le radici della vite ad addentrarsi il più possibile nel suolo per potersi cibare dei minerali che rendono l’uva e poi il vino sapido, nutriente e originale. Ed è un “Credo” che va rispettato, quello che i francesi hanno chiamato il terroir. Ovvero un grande vino deve esprimere il terroir dal quale proviene. Stanko si è ricongiunto oggi con il suo magico ed unico terroir che non è fatto soltanto di condizioni fisiche o chimiche ma di emozioni e sentimenti, quali la disponibilità e la generosità che ha sempre dimostrato a chi aveva bisogno del suo aiuto; di qualsiasi settore si trattasse.


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