lunedì 12 dicembre 2016

L'oca danzante di Sergio Valcovich a Borgo Colmello

Aperta fino a Natale la collettiva, a scopo benefico, "Ritratti e bestialità di corte"




di Marilisa Bombi

In tempi remoti, i quadrupedi elessero il leone, e gli uccelli l’oca, come loro rispettivi re.
L’oca d’oro aveva una figlia bellissima e, quando la giovane raggiunse l’età da marito, il padre le concesse di scegliersi lo sposo.
Perché potesse guardarsi accuratamente intorno, fece chiamare a raduno tutti gli uccelli. Arrivarono in volo grandi e piccoli: colombe, aquile, pavoni, oche, sparvieri, passerotti e quaglie.
Quando non mancò più nessuno, il re chiamò sua figlia e le disse: “Mia cara, tutti gli uccelli sono qui riuniti. Ora scegli accuratamente tra loro il tuo sposo”.
Dopo averli guardati uno a uno attentamente, infine il suo sguardo si posò sul pavone, con il suo bellissimo piumaggio splendente dai colori scintillanti, e le piacque di gran lunga di più di tutti gli altri.
“Il pavone sarà il mio sposo” disse al padre.
Il re acconsentì e fece chiamare il pavone: “Sei piaciuto così tanto a mia figlia che vuole solo te per marito!”
Il pavone, gonfio d’orgoglio, pensò: “Questi non hanno nemmeno mai visto di cosa sono capace!” ; si spogliò dunque di ogni timidezza, alzò la coda, allargò le piume e cominciò a danzare per la contentezza.
Così facendo però mostrò il proprio deretano nudo, cosa che irritò moltissimo il re.
 “A costui” pensò il sovrano “manca proprio qualsiasi senso del pudore, e in più è vanitoso. Non gli darò certo mia figlia!”
E davanti a tutti gli uccelli radunati pronunciò queste parole:
    “Bello è il tuo canto, luccicante il tuo dorso,
    blu come lapislazzuli il tuo collo;
    una tesa intera misurano le tue ali.
    Ma essendoti messo a ballare, non ti darò mia figlia!”
E detto ciò diede in sposa la sua prediletta a un’altra oca.
Il pavone, invece, umiliato e vergognoso, si eclissò nel bosco.

Morale: L’umiltà – quella vera, cioè quel sentimento intimo e delicato che caratterizza le anime trasparenti – è uno stato di grande consapevolezza di sé e di grande saggezza.
Mi sono ricordata di questa leggenda quando, scartando il quadro di Sergio Valcovich, mi è apparsa questa straordinaria oca danzante. Non conoscevo le sue opere e non sapevo, quindi, della “sua abitudine ad usare diversi materiali, come i frammenti di vetro, in una continua scomposizione e ricomposizione, non solo con l’intento di dare consistenza: dimensionale alla superficie della tela, bensì per rendere in qualche modo più palpabile, quasi tattile alla vista del fruitore, l’immagine che ha esperito e che desidera offrire, nel modo più efficace possibile, cercando di rendere, allo stesso tempo, realistica nella materia quanto astratta nella concezione. Così risulta volutamente sontuosa la stesura del colore ed emozionante la scelta dei contrappunti cromatici.”

Così descrive la sua opera Annamaria  Bonato, la quale ci racconta anche che è il  mare, sua primaria fonte d’ispirazione e richiamo irresistibile che l’artista preferisce tradurre sulla tela declinandone tutti i toni del blu , catturandone la luce nella sua liquidità e profondità.
Il mare , nella sua dimensione reale ed insieme simbolica.
Il mare osservato e vissuto nelle immersioni subacquee.
Un mondo rovesciato e sommerso in cui la vita si dispiega  negli organismi multiformi, nelle sollecitazioni cromatiche, nei riflessi e nelle trasparenze, nei bagliori che corrono leggeri come paillettes e lacerti dorati sulle superfici delle conchiglie, delle meduse, dei pesci e dei  coralli.

E non è un caso, quindi, se a far da sfondo alla oca danzante, scelta per animare la corte fantastica di questa rassegna, Sergio abbia scelto l’azzurro del suo mare. Una coerenza, voluta o inconscia che ravviva, illumina dà corpo alle nostalgie agresti il cui intento è stato raggiunto, in un modo o nell’altro, da ciascuno degli artisti che sulle pagine di questo Blog si sono presentati. Ed è con nostalgia che è iniziato il count down della collettiva, perché mancano soltanto ancora due artisti, prima di calare il sipario e fare ciò il cui intento ha animato l’iniziativa.
Una esperienza, questa della collettiva artistica “Ritratti e bestialità di corte” che ha visto riuniti in un unico progetto creativo, 22 tra i maggiori artisti della regione.
A loro, fin da ora, va il nostro ringraziamento per aver creduto e condiviso quindi questa esperienza oltre l’augurio e la speranza per un futuro in cui attraverso la mediazione dell’arte si riesca finalmente a superare ogni possibile divisione o ostacolo culturale ed etnico. Mi impongo questa riflessione ogni qualvolta, in giro per l’Italia ed il mondo, scopro opere d’arte laddove meno te lo aspetti. L’arte unisce perché è patrimonio dell’umanità. Ma stando così le cose, che senso ha parlare di confini?

Note biografiche di Sergio Valcovich
Architetto e artista monfalconese, nato e vissuto per lungo tempo nel quartiere operaio di Panzano, adiacente al Cantiere navale,  risente inevitabilmente della cultura del lavoro, della sua complessità e delle sue contraddizioni.
Dopo aver conseguito il Diploma superiore all’Istituto Tecnico Industriale Statale “A.Volta“ di Trieste,  si laurea presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia.
Sviluppa la propria creatività nel campo della grafica e della pittura, partecipando a diverse esposizioni collettive e personali.
Ha progettato e realizzato nella Regione Friuli Venezia Giulia ed in Slovenia alcuni monumenti ai caduti della Lotta di Liberazione.
Ha collaborato alla realizzazione di testi didattici per la scuola in qualità di illustratore.
Ha curato la realizzazione di cataloghi d’arte e di alcune pubblicazioni, fra le quali, “100 anni di Cantiere” edizioni EDIESSE Roma.

Nessun commento: