mercoledì 21 marzo 2018

Gorizia e la mozione antifascista approvata in consiglio comunale.

La stampa oggi pone il focus sulle maggiori difficoltà a "manifestare" di Casapound e Decima Mas in seguito all'approvazione della mozione presentata da PD e Forum Gorizia: interpretazione restrittiva di un atto ben più importante.


di Martina Luciani

Certo, le cerimonie e le comparse pubbliche dei due "soggetti", richiamati nel titolo de Il Piccolo - cronaca di Gorizia, sono un dolore ancor più che un dispiacere per chiunque a Gorizia sia memore di quale sia il pedigree e l'ispirazione che guida costoro a bordeggiare un po' troppo vicini alla memoria storica italiana e ai fondamentali della Repubblica italiana democratica e antifascista.

Ma il senso della mozione per me è soprattutto un'altro: Gorizia lucida e rimette in bella vista la medaglia al valore per la Resistenza, che in effetti, e nonostante sia di oro incorruttibile, pareva parecchio ossidata negli ultimi tempi.
Gorizia ricollega il momento contemporaneo alle sue tragedie novecentesche, alla sua sofferenza, alla sua tenacia per la liberazione dal fascismo e dal nazismo: non è cosa da poco, avere un passato come il nostro, soprattutto quando si crede nella pace e nell'operare condiviso in una terra che è attraversata da un confine nazionale assolutamente innaturale in termini geografici e storici.

Quando si è votata la mozione antifascista si è ripigliato in consiglio comunale quel passato e si è compiuto un ulteriore passaggio dell'elaborazione che, stando a quel che si è sentito, è tutt'altro che conclusa. Che sia stato un voto trasversale spiega bene l'importanza della mozione, e chi si è sottratto l'ha fatto assumendosi una ben triste responsabilità, malcelata da instabili equilibrismi dialettici e storici.
Non si va avanti dimenticando o archiviando a casaccio , come ripetutamente suggerito, si va invece avanti davvero solo mettendo in ordine tutti i tasselli della memoria, senza concessioni a quell'immaginario oscuro e greve di rancori che si nasconde nella parola Patria pronunciata  con accento tribale e guerresco. La parola Patria qui risuona con l'accento della nostra parlata goriziana, che traccia e descrive non solo una complessa etimologia, una smisurata genealogia biologica e culturale ma anche una mappa che certifica la nostra appartenenza ai luoghi ed a tutte le relative tragedie. Patria non è un possesso, un dominio, è innanzitutto un'appartenenza; e poi, in uno spazio temporale definito, è una Carta Costituzionale. Quindi non solo un'unione di amorosi sensi, ma un rapporto giuridicamente strutturato da una Legge che è insieme atto creativo e contratto perennemente vigente.
Cittadino è chi riconosce il sovrapporsi armonioso del senso di appartenenza e dell'organizzazione di principi costituzionali. Gorizia è una città antifascista. Perchè la nostra Costituzione è antifascista, ma non solo per questo: i cittadini goriziani hanno lottato per liberarsi dal fascismo e conquistare libertà e democrazia.
Non possiamo pensare alla soluzione dei problemi contingenti e ad un progetto futuro se non passando attraverso un consiglio comunale come quello del 19 marzo 2018. Certo, piacerebbe che antifascista fosse un aggettivo antiquato, un fossile storico, culturale e politico: non lo è, nè in Italia, nè in Europa. Quindi  pronunciamolo ed anzi passiamoci sopra un evidenziatore dal colore squillante. Quello è il confine, e non si rilasciano documenti di transito.





giovedì 15 marzo 2018

Il sindaco di Gorizia porta a casa da Roma 14 cravatte Damiano Presta, dono di Berlusconi. Adesso che lo so, mi nascono speranze nuove.



Un punto fermo politico ce l’abbiamo: Berlusconi tradisce il marchio napoletano Marinella, sofisticato produttore di cravatte, per il calabrese Damiano Presta. E ne fa dono al sindaco di Gorizia che dichiara: "Mi sono ripagato il viaggio".


di Martina Luciani


Entrambi gli stilisti creano cravatte artigianali, preziose e molto costose. Che si riconoscono indossate dagli uomini famosi in tutto il mondo.
Dopo aver a lungo e generosamente praticato l’omaggio di esemplari Marinella, ora abbiamo nuova conferma che l’inossidabile Silvio nazionale ha abbandonato la storica maison napoletana e dona confezioni multiple di cravatte Damiano Presta.
Il sindaco di Gorizia si merita, nel cuore della cronaca politica odierna, un intero riquadro che ci rassicura ( oltre che sul senso pratico del nostro primo cittadino, ben consapevole del valore economico del presente ricevuto) sull’attesa e finalmente inevitabile evoluzione del suo anonimo e piuttosto informe stile. Ne ha ricevute in regalo ben 14, di cravatte, notizia che per un verso esprime (ahimè) dettagli sostanziali sul livello dell’informazione politica e per l’altro verso prefigura la necessità di controllare se, nel futuro, all’uso alternato di  così numerose cravatte prestigiose si assocerà un diverso garbo nella scelta degli abiti indossati. Non che sia facilissimo, vista la taglia necessaria, e visto che colui che pare incaricato di fare da arbiter elegantiàrum in Giunta ha una personalità, diciamo così, parecchio eccentrica.
Ci aspettiamo ora un incontro urgente, ai vertici dell’amministrazione comunale di Gorizia, per un confronto sull’ opportunità di un protocollo cravatte: se quando ti regalano un deodorante per le ascelle, il sospetto angosciante è che ci sia un fastidio olfattivo da risolvere, forse l’indicazione politica di Berlusconi comprende anche un nuovo e condiviso aplomb dei rappresentanti politici sul territorio. Il toto cravatte è cominciato, e ci alleggerirà pena e sconforto di questi tempi tanto cupi. Magari ne saranno coinvolti, in questo slancio di eleganza maschile, anche i neonati presìdi di Casapound in consiglio comunale, che potrebbero decidere di riformare e ingentilire la loro lugubre ed eloquente divisa di rappresentanza tra il pubblico nella sala consiliare.

lunedì 12 marzo 2018

CI SONO COSE CHE NON SI VENDONO. PROTESTA A VILLA LASCIAC IN VISTA DELLA MESSA ALL'ASTA.

Cittadini sloveni e italiani si sono riuniti oggi pomeriggio a Villa Lasciac, poco lontana dal valico del Rafut, per protestare contro l'ipotesi di mettere all'asta immobile e parco da parte della pubblica amminsitrazione di Nova Gorica.


di Martina Luciani

Un bene culturale di grandissimo significato che dovrebbe restare in quanto tale a disposizione della collettività: questa la ragione della manifestazione, cui hanno partecipato anche molti Goriziani  assieme ai numerosissimi Novogoričani.
 L'iniziativa anticipa il consiglio comunale di Nova Gorica di giovedì prossimo, nel corso del quale si discuterà la messa all'asta della Villa, opera dell'architetto nato nel Borgo San Rocco nel 1856 e morto a Il Cairo nel 1946 ( a proposito, il Comune di Gorizia aveva stabilito la traslazione della salma dal cimitero egiziano al nostro cimitero centrale, che fine ha fatto questo progetto?)

Visto l'interesse comune nei confronti della figura di Antonio Lasciac, della villa e del giardino ricco di esemplari botanici,  forse una cordata che attraverso il GECT si agganci agli opportuni finanziamenti europei potrebbe garantire il restauro del complesso e la sua destinazione e mantenimento alla fruizione pubblica. Quella fruizione ben rappresentata dal gesto dei cittadini che si sono presi per mano ed hanno circondato la Villa, simbolicamente a difenderne la conservazione e la destinazione futura, significativa anche nella prospettiva dello sviluppo del turismo culturale e storico delle nostre aree transfrontaliere.