martedì 3 aprile 2018

Sacchetti biodegradabili al supermercato


L'imposizione della borsa da parte del PD non trova giustificazione


di Marilisa Bombi

Talmente arrogante da auto-rottamarsi. L’epilogo della storia del già Presidente del Consiglio dei ministri l’ha scritto il Consiglio di Stato, Commissione speciale, nel rispondere il 29 marzo scorso ad un quesito del Ministero della salute, a proposito delle contestatissime sportine biodegradabili che, dall’inizio di quest’anno, obbligatoriamente, avrebbero dovuto essere utilizzate nei negozi e nei supermercati, per riporre i generi alimentari acquistati. 
Insomma, afferma il Consiglio di Stato, “le restrizioni imposte dalla direttiva 2015/720 si rivolgono alle sole borse di plastica in materiale leggero; mentre, il successivo paragrafo 1-ter consente (non obbliga) agli Stati membri di adottare misure, tra cui strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali, in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore.”  Che tradotto in linguaggio per i profani sta a dire: non c’era alcun obbligo comunitario. Ipse dixit.
In altri termini, ciò che il gruppo parlamentare del PD ci aveva propinato, (prima firmataria Stella Bianchi) giustificando l’emendamento che avrebbe reso obbligatorio il sacchetto super-biodegradabile al fine di evitare la procedura di infrazione da parte della UE, è del tutto falso.
Confermato ancora una volta, quindi, il detto che “A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina”, nel senso che i dubbi che circolavano on-line l’indomani dell’entrata in vigore delle disposizioni vincolistiche a proposito delle aziende che beneficeranno della nuova politica erano ben riposti. E le imprese della chimica verde in Italia hanno un campione assoluto: la Novamont guidata dalla manager Catia Bastioli in buoni rapporti con Renzi. “A difendere l’azienda dall’attacco era stata, peraltro, proprio la stessa prima firmataria dell’emendamento sui bioshopper, Stella Bianchi: «Novamont non è l’unica impresa italiana che realizza sacchetti prodotti da materie prime naturali anziché da petrolio. In tutta Italia sono oltre 150 le aziende di questo settore con circa 4mila dipendenti e 350 milioni di fatturato. Noi dobbiamo essere quelli che sostengono la riconversione ecologica dell’economia». Inutile negare, però, che con l'80 per cento del mercato, l’azienda novarese sarà quella con la fetta di torta più cospicua. Forse meno polemiche sarebbero sorte se Catia Bastioli non ricoprisse anche la carica di presidente di Terna. (da rinnovabili.it)
Sta di fatto che, secondo quando affermato dal Consiglio di Stato nel parere della fine di marzo, indirizzato al Ministero della salute, "laddove il consumatore non intenda acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato dal negozio per l’acquisto di frutta e verdura sfusa, possono essere utilizzati sacchetti in plastica autonomamente reperiti solo se comunque idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge" e, tra l'altro, ... non tutti i prodotti devono obbligatoriamente essere insacchettati.

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